News

La via che conduce alla gioia

“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15,12). L’amore fraterno caratterizza la Chiesa alla sua nascita e rende riconoscibili i discepoli di Gesù nel tempo e in ogni luogo.

Amore è la parola più ricorrente nel linguaggio comune.

Sappiamo che il paradigma, il modello dell’amore, secondo Gesù, è questo:

- “NON c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13)

- Amatevi come io vi ho amati, dice Gesù che ci ha amati senza misura.

E sappiamo anche che ogni cristiano diventa capace di amare, quando ognuno prende coscienza che

- «chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore» (1Gv 4,8)

- E che «noi amiamo perché egli ci ha amato per primo» (1Gv 4,19).

Amatevi come io vi ho amati: è possibile conoscendo e volendo per gli altri quel bene che Dio ha verso di noi. Un bene fatto di dono di sé, gratuito e senza condizioni, questo è l’essenza dell’amore.

-Bisogna contrastare la moderna religione dell’amore secondo cui l’amore non tollera leggi e comandamenti. Oggigiorno si pensa e si predica che i sentimenti e le passioni, non possono sottostare a nessuna regola.

Ma Gesù afferma con forza che solo i comandamenti rendono vero e autentico l’amore. «Vi dico queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).

L’amore dunque ha i suoi comandamenti!

L’amore è un’arte ed ha bisogno di essere pazientemente appresa alla scuola di Gesù. L’unica strada che conduce alla gioia piena è quella dell’amore che “conserva” i suoi comandamenti.

Le stesse comunità cristiane nel tempo, quando si sostengono a vicenda, non crollano di fronte a persecuzioni e difficoltà, perché l’amore reciproco rende forti e stabili.

 

Giovanni 15,1-8 (portare molto frutto)

La vera vite è Cristo, che emana profumo che si espande benefico tra gli uomini. E questo buon profumo è il suo Vangelo e quanto il Vangelo reca con sé, grazia e verità. La linfa buona e feconda si espande e raggiunge i tralci e in loro produce un frutto buono e abbondante.

In antico il Padre ha curato questa vigna (Israele) come saggio e attento agricoltore, affidandola a vignaioli prediletti che però non si presero cura della Vigna.

Ma ora è Lui stesso a curarla: il suo sguardo e le sue cure sono continuamene su di lei (cfr. Dt 11,12), sulla vite e i suoi tralci. È vanto dell’agricoltore che la vigna sia bella, e come mai in questa vite, curata dal padre, ci sono anche dei tralci che non portano frutto?  IL vignaiolo li taglia per gettarli nel fuoco, mentre pota il tralcio buono perché porti ancora più frutto

A noi quale ruolo/compito rimane da fare? Prima di tutto quello di accogliere queste operazioni della mano paterna che opera in nostro favore per renderci più fecondi, così tutto quello che ci accade, persino la morte, è finalizzato a portare molto frutto. 

Secondo atteggiamento è quello di RIMANERE/DIMORARE in LUI. 

Come il tralcio non può portare frutto da sé se non rimane nella vite, così neanche  noi se non rimaniamo uniti a Lui. Reciproco è il dimorare! Il dimorare reciproco è la condizione essenziale per portare molto frutto. NON si dà una possibilità intermedia (un po’ di frutto); la contrapposizione è tra il molto frutto o il nulla. 

Nell’evangelizzazione c’è solo il molto o il nulla; tutto dipende dal dimorare in Gesù.  Gesù dimora in noi per grazia, noi dimoriamo in Lui per necessità (senza di Lui noi non possiamo fare niente). 

Che significa porta molto frutto?

Chi diventa discepolo di Gesù porta davvero molto frutto nel senso che porterà molti a credere in Lui. Si glorifica il Padre quando si dilata la sua la sua paternità (Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli, Mat 5,16). La gioia di essere figli di Dio porta a che altri la condividano accogliendo in Gesù il Salvatore del mondo (4,42).

 

 

Il Pastore buono e bello

La domenica del Buon Pastore, offre tantissimi spunti di riflessione. 

Gesù nei Vangeli si autodefinisce in vari modi: Io sono il pane della vita, luce del mondo, la porta delle pecore, via, verità, vita e risurrezione, la vite.  Oggi si presenta come il “bel” pastore.

Bella persona che si prende cura di noi, il pastore non ha paura di mettersi in gioco per difendere le pecore perché sono sue, gli stanno a cuore, gli sono care, sono il suo sostentamento, parte della sua vita, per esse dà la sua vita a differenza di chi pascola il gregge per mestiere e, al minimo pericolo, le abbandona per mettersi in salvo. Perché? 

Il mercenario, svolge la sua attività per averne un guadagno: la sua vita non gli viene dalle pecore ma dal padrone che lo stipendia. Per lui, che le pecore si ammalino o si perdano, o vengano sbranate dai lupi, non ha importanza perché…. ciò che conta è il salario a fine mese, non rischiare la vita per le pecore!

Ma Gesù, il bel Pastore, conosce e chiama una per una le sue pecore, sono la sua vita le conduce in pascoli ubertosi, ad acque tranquille e per esse è disposto a tutto anche a sacrificarsi…

   

Domenica in Albis - Beati quelli che pur non avendo visto han creduto!

Nel “giorno del Signore” (domenica) mentre erano chiuse le porte Gesù risorto, non più soggetto alle leggi ordinarie della vita umana, porta pace e liberazione da ogni paura. Pace a voi: non è un augurio soltanto ma il compimento delle promesse di Dio, la liberazione da ogni paura, la vittoria sul peccato e sulla morte. Gesù fornisce le prove tangibili che è la stessa persona che qualche giorno prima è stato crocifisso.

Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi: Gesù è l’apostolo e sommo sacerdote della fede che noi professiamo (Ap 3,1). Egli è stato inviato perché “il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3,17). Questo progetto divino Egli lo lascia in consegna a tutta la Chiesa e, in maniera particolare, a sacerdoti, diaconi e vescovi, sui quali ALITO’ il soffio rigenerante dello Spirito, dicendo: “Ricevete lo Spirito Santo”, in vista di una missione particolare, “rimetterete i peccati”.

Tommaso, uno dei Dodici eradubbioso e non crede subito all’annuncio degli altri: Abbiamo visto il Signore! Tommaso non riesce a credere alla testimonianza di chi ha visto e creduto! Vuole fare lui l’esperienza: è disposto a credere, ma vuole risolvere di persona ogni dubbio.

Gesù non vede in Tommaso uno scettico indifferente, ma un uomo in cerca della verità e lo accontenta pienamente. Entra in dialogo con lui, capisce i suoi dubbi e l’aiuta a progredire nella fede. E Tommaso finalmente come ogni vero credente esclama “Mio Signore e mio Dio!”  È la professione di fede nel Risorto.

È la professione di fede nella divinità di Gesù, la più esplicita e diretta. Gesù incoraggia tutti noi verso una fede più autentica, una fede che si deve accogliere come dono e atto di fiducia in Lui che,  pur non visto, noi possiamo amare esultando “di gioia indicibile e gloriosa” (1Pt 1,8). Credendo in Lui abbiamo la vita eterna. Se Gesù non è Dio vana è la nostra fede!

 

Il Vangelo della Pasqua

Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.  Corse allora e andò da Pietro e dall’altro discepolo, che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!" Uscì allora Simon Pietro insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.

Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.

 

Maria di Magdala: è la stessa presente ai piedi della croce, con altre (19, 25). Qui è sola, ma le parole "non sappiamo" alludono al racconto originario, che narrava di più donne, presenti al sepolcro di Gesù. Ella va di buon mattino, quando la luce è molto tenue. Poi corre a riferire… a Pietro e all’altro discepolo: Pietro, Giovanni e Maddalena si caratterizzino per l’amore speciale che li lega a Gesù: è proprio l’amore, che rende capaci di intuire, della persona amata, qualcosa di invisibile agli occhi. Anche Pietro e Giovanni corsero…. insieme: la corsa rivela l’ansia che vivono questi discepoli.

Pietro, varcando la soglia del sepolcro, ha la prova che non vi era stato alcun furto del cadavere: nessun ladro avrebbe perso tempo a distendere ordinatamente le fasce e il lenzuolo e arrotolare a parte il sudario!

Pietro … vide … l’altro discepolo … vide e credette: Nonostante la versione italiana traduca tutto con lo stesso verbo, il testo originale usa tre diversi (per Pietro; per l’altro discepolo e per Maddalena)

C’è come una crescita in profondità che porta dal "vedere" qualcosa, da alcuni indizi, alla fede. Il binomio "vedere e credere" è molto significativo ed è riferito esclusivamente alla fede nella resurrezione del Signore e caratterizza tutto il capitolo 20 del quarto vangelo. Insomma c’è vedere e “vedere”!

   

Pagina 7 di 48