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III DOMENICA DI PASQUA

 (Giovanni 21,1-19)

Viviamo questo tempo liturgico lodando il Signore crocifisso e risuscitato  e sempre presente in mezzo a noi con la stessa premura, con la stessa forza  della sua Parola. 

Nel brano evangelico odierno Gesù si presenta per la terza volta, dopo la  sua  risurrezione,  ai  discepoli   in  luogo  aperto,  in  riva  al  mare,  quasi  a  significare che la sua Parola  ormai deve irradiarsi e diffondersi lungo le  strade del mondo. 

Gesù si mostra agli apostoli con gesti di affetto  e di premura, nel contesto  della loro  vita  quotidiana,  con  affabilità  nei  confronti  di  coloro  che  non  avevano preso nulla quella notte e ai quali comanda di gettare nuovamente  le reti. 

La presenza di Gesù dà valore alla fatica e al lavoro quotidiano, alle nostre  attività, e senza di Lui è fatica sprecata. 

Il  Vangelo  ci   racconta  che  Lui  stesso  si  adopera  per  preparare  loro  qualcosa da mangiare e li invita a mangiare. 

Bellissimo  e  molto  significativo  il  dialogo  tra  Gesù e  Pietro,  imperniato  sulla richiesta: “Pietro, mi ami tu più di costoro?”. 

Gesù vuole che Pietro faccia una triplice professione di amore e di fede in  Lui  come  nel  giardino  di  passione  l’aveva  rinnegato  tre  volte,  prima  di  affidargli la custodia del suo gregge. 

Gesù non poteva affidare il suo popolo se non a una persona degna della  sua fiducia  e  Pietro  seppe confermare  questa  stima  conformando  la  sua  vita a quella di Cristo e condividendone persino la morte in croce.   In quest’ultimo mese questa missione è stata affidata a Papa Francesco, a  cui  dobbiamo  guardare  con  fiducia  per  lasciarci  guidare  dalla  sua  voce  soave e dai segni umili che pone, con i quali ci fa percepire la tenerezza di  Dio e la fierezza di appartenere alla Chiesa cattolica.  

 

La sera della Domenica dopo Pasqua

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del  luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e  disse loro: «Pace a voi!». …     Tommaso non era con loro quando venne Gesù.   Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non  vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non  metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».  

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. 

Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso:  «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e  non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».  Gesù gli  disse:  «Perché  mi  hai veduto, tu hai creduto;  beati  quelli  che  non  hanno  visto e hanno creduto!». (Gv 20,19-31)  

In  ogni  incontro  col  Signore  c’è  un  certo  progresso,  se  avviene  nella  verità:  si  approfondisce la Parola di Dio e matura spiritualmente il credente, purché questi si volti,  guardi, si converta al Signore Gesù, oggetto fondamentale del credere.  

È l'itinerario che anche Tommaso  percorre per passare dall'incredulità alla fede, che è la  più alta professione di fede riportata da Giovanni: «Mio Signore e mio Dio!» (v. 28). Egli  per arrivare alla fede deve fissare lo sguardo sulle mani del Risorto trapassate dai chiodi,  sul  suo  fianco  aperto.  E’  l’invito  di  Giovanni  ad  ogni  lettore  del  suo  racconto,  quando  concludendo  la  narrazione  della  morte  di  Gesù  cita  la  Scrittura:  Volgeranno  lo  sguardo  a  colui che hanno trafitto (cfr. 19,37). 

Occorre volgere  lo sguardo per contemplare i segni dell'amore che si è fatto crocifiggere. 

E si dona a noi in quel fluire dal suo costato di acqua e sangue (cfr. Gv 13,1). 

Ogni paura è vinta: «Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma  ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi» (Ap 1,18-19). 

Ai discepoli che gli dicono: Abbiamo visto il Signore! (v. 25), Tommaso non crede, anzi egli  si dissocia dalla fede della comunità. Eppure i futuri discepoli di Gesù avrebbero dovuto  credere  senza vedere,  accettando  la testimonianza di  coloro  che  hanno  visto.  Credenti  e  lettori  del  vangelo  siamo  invitati  ad  accogliere  la  testimonianza  di  chi  ha  visto  e  testimoniato, senza esigere di toccare con mano per credere!  

 

PASQUA

 

Con  la  Pasqua  di  Cristo  si  realizza  il  disegno  di  condurre  tutti  gli  uomini  alla  salvezza  e  alla  conoscenza  della  verità,  alla  pace  fra  noi  e  con  Dio.  La  Pasqua è  come  l’iniziazione  sacra  della  terra alle cose del cielo, è l’arcobaleno che in Cristo ci unisce a Dio. 

Una volta Gesù ebbe a dire: "In verità in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli Angeli di Dio  salire  e  scendere  sul  Figlio  dell'uomo"  (Gv.  1,51).  Questa  frase  si  riferisce  particolarmente  al  momento della sua esaltazione e comprende la sua Passione, Morte, Resurrezione e Ascensione.   Nei racconti della Resurrezione vediamo una massiccia presenza di figure angeliche, da quelli che  rotolano  via  il  masso  dal  sepolcro,  a  quelli  che  vigilano  sulla  tomba  vuota,  da  quelli  che  tranquillizzano le donne a quelli che preparano gli apostoli alla fortissima emozione di vederlo di  nuovo vivo.  

Nei diversi racconti della Resurrezione, tutti quelli che vedono Angeli sono fortemente colpiti  e  vengono  mandati  ad  altri  per  interpellare,  annunciare  e  dichiarare  un  nuovo  ordine  di  cose  che,  d’ora  in  avanti,  si  farà  strada  per  espandere  in  tutto  il  mondo  i  doni  della  fede,  della  speranza  e  dell'amore.  

Nel Vangelo di Marco, l'Angelo dà un messaggio sconvolgente: "Non abbiate paura! Voi cercate  Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che  Egli vi precede in Galilea, là lo vedrete, come vi ha detto" (Mc. 16,6-7).  

Questi Angeli della Resurrezione illuminano e trascinano una comunità timorosa, in via di fuga e  dispersione, nel luogo dove Gesù apparirà loro di nuovo per mandarli nel mondo ad annunciare il  Vangelo ad ogni creatura, perché chiunque crede si possa salvare da questa generazione incredula e  ribelle alla Parola e all’opera di Dio. Egli, al contrario, vuole tutti salvi, attratti da Cristo Risorto.  

   

Il lungo cammino verso casa

Questa Domenica propongo all’attenzione  dei  miei venticinque lettori, questo bellissimo testo  di  Nouwen, a commento di uno dei più noti brani evangelici, che leggiamo a messa il 10 marzo. 

«Una delle più grandi provocazioni della vita spirituale è ricevere il  perdono di Dio.  C'è qualcosa in noi, esseri umani, che ci tiene tenacemente aggrappati ai nostri peccati e  non  ci  permette  di  lasciare  che  Dio  cancelli  il  nostro  passato  e  ci  offra  un  inizio  completamente nuovo. Qualche volta sembra persino che io voglia dimostrare a Dio che le  mie tenebre sono troppo grandi per essere dissolte. Mentre Dio vuole restituirmi la piena  dignità della condizione di figlio, continuo a insistere che mi sistemerò come garzone.  

Ma voglio davvero essere restituito alla piena responsabilità di figlio?  

Voglio davvero essere totalmente perdonato in modo che sia possibile una vita del tutto  nuova? Ho fiducia in me stesso e in una redenzione così radicale?  

Voglio rompere con la mia ribellione profondamente radicata contro Dio e arrendermi in  modo così assoluto al suo amore da far emergere una persona nuova?  

Ricevere  il  perdono  esige  la  volontà  totale  di  lasciare  che  Dio  sia  Dio  e  compia  ogni  risanamento,  reintegrazione  e  rinnovamento.  Fin  quando  voglio  fare  anche  soltanto  una  parte di tutto questo da solo, mi accontento di soluzioni parziali, come quella di diventare  un  garzone.  Come  garzone  posso  ancora  mantenere  le  distanze,  ribellarmi,  rifiutare,  scioperare, scappare via o lamentarmi della paga. Come figlio prediletto devo rivendicare  la mia piena dignità e cominciare a prepararmi a diventare io stesso il padre».  (H.J.M. NOUWEN, L’abbraccio benedicente, Brescia, Queriniana, 2004, 78-79)  

 

ADORAZIONE COMUNITARIA alla luce della Parola di Dio e in COMUNIONE CON BENEDETTO XVI

GIOVEDI 28 febbraio, ore 19 - 20

Nella nostra chiesa

Carissimi,

mi rivolgo particolarmente a voi catechisti, membri del CPP, gruppo adulti Azione cattolica, frequentatori dei Gruppi di vangelo, Coristi e operatori parrocchiali in quanto siete segno della presenza viva del Signore che opera, non solo attivamente, nella Sua Chiesa.

Siete, perciò invitati, anzi chiamati a partecipare ad un momento di preghiera davanti al Santissimo Sacramento, affinchè  lo Spirito ci fortifichi e ci illumini ascoltando la Parola di Dio della Terza Domenica di quaresima, (3 marzo prossimo).  

Questo nostro momento comunitario, coinciderà provvidenzialmente con il giorno e l’ora in cui Papa Benedetto XVI consegna definitivamente il suo ministero nelle mani del Signore perché un altro lo assuma dopo di lui. Che sia questo momento per noi credenti denso di preghiera per lui e tutta la chiesa in attesa del “nuovo” papa!

Prima della fine dell’adorazione ci scambieremo ciò che i testi liturgici hanno suggerito al nostro cuore per aiutarci gli uni gli altri nel cammino che porta alla Pasqua di Gesù, nostra salvezza.

Vi aspetto numerosi e vi benedico

don Mario

   

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