News
Come l'ape
Oggi farò come l’ape che si posa sui fiori, ora su questo ora su quello per suggere il meglio da ognuno. E’ di capitale importanza il tema della Risurrezione nei testi di questa Domenica V di Quaresima, ed io toccherò solo un aspetto di ognuno di essi: riprendere vita.
- Così dice il Signore Dio: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. (Ezechiele 37,12)
- E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi.(Romani 8,11)
- Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse:
«Tuo fratello risorgerà». Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». (Giovanni 11)
Il passaggio dalla morte alla vita, centro del messaggio di questa domenica, prelude all'evento pasquale di Cristo, ormai alle porte. Essa presenta 3 diversi aspetti:
1. In Ezechiele si descrive la tomba/morte in cui giacciono i figli d'Israele a Babilonia, ormai senza più speranza né fiducia. E’ la morte della speranza di un intero popolo in esilio. Da questa situazione di morte essi risorgeranno per l’intervento di Dio che promette loro di farli ritornare in patria. Quante volte anche noi viviamo vicende relazionali (un'amicizia, un amore, un matrimonio), in cui sperimentiamo questa morte, lo scoraggiamento e l'assenza di futuro. Lo Spirito creatore è Spirito che dona vita e suscita speranza là dove regna la morte.
2. In Paolo il risorgere è l’evento spirituale del credente che, lasciandosi guidare dallo Spirito di Dio, passa dalla vita secondo la carne, (egoismo e peccato), alla vita in Cristo. Per Paolo la carne è l'autosufficienza egoistica, che fa da tomba al nostro cuore. Ma lo Spirito di resurrezione, ponendo la sua dimora nel cuore umano, trasferire l'uomo in una situazione di grazia nuova.
3. Infine nel vangelo la Risurrezione di Lazzaro rappresenta l’evento personale e corporeo che conduce Lazzaro ed anche noi credenti in Gesù, a uscire dalla nostra tomba al comando della sua Parola, che è Spirito e Vita.
Di fronte all'insicurezza e alla precarietà delle nostre vite, come città senza mura, siamo tentati di costruirci difese e barriere che ci proteggano. Giochiamo in difesa! E così facciamo della nostra stessa vita una tomba, una schiavitù permanente («gli uomini sono schiavi per tutta la vita a causa della paura della morte»: Eb 2,15). Da questa situazione Gesù, chiedendoci fede e affidamento a Lui, vuol fare uscire per fare della nostra “morte” una vita. La fede perciò è la condizione necessaria per la nostra resurrezione. Come dice il canto:
“Canto di gioia per quello che fai, per sempre, Signore, con te resterò, non c’è promessa, non c’è fedeltà che in Te!” Se la fede è la conditio sine qua non della resurrezione, l'amore ne è la forza: Gesù amava Lazzaro (11,5) e il suo amore è posto al servizio della vita. Aver fede in Gesù che è resurrezione e vita significa fare dell'amore il luogo privilegiato della nostra esistenza, ove la morte è vinta dalla vita.
Si alzò e andò a lavarsi!
QUARTA DOMENICA di Quaresima
I temi della luce, del “vedere” Cristo come “mio Signore” sono nel cuore della la narrazione del cieco nato in questa domenica. Non c’è nell’episodio un grido di implorazione, una preghiera, ... da parte del cieco. E’ pura iniziativa e gratuità del Signore per quel poveretto che passava la vita a mendicare.
Vorrei evidenziare l’iniziativa di Gesù: è Lui che vede e si avvicina al cieco. Questo uomo cieco rappresenta tutta l’umanità che giace nelle tenebre, ma è stata avvicinata da Gesù con amabilità e potenza. L’episodio dimostra come, in definitiva, tutti siamo ciechi e chiamati progressivamente a vedere in Gesù la luce vera che illumina ogni uomo che viene in questo mondo. Come pure, tutti, al pari del cieco, una volta illuminati, dobbiamo trasformarci in discepoli missionari, credenti e fosforescenti, e testimoni di luce.
Nel racconto San Giovanni descrive che alcuni si aprono alla luce, incontrando Gesù ma altri, di fronte alla stessa situazione vi si chiudono irrimediabilmente. Proprio questi contrasti permettono a Gesù di rivelarsi a noi come
- la luce del mondo;
- l’Inviato del Padre, cioè la via che porta a Lui;
- verità (la luce);
- la vita (l’acqua che guarisce della piscina miracolosa);
- Signore del Sabato (la guarigione del cieco avviene di sabato).
L’immagine che oggi spicca più delle altre è quella degli occhi aperti: sia quelli di Gesù, che si posano su di lui (passando, vide un uomo cieco dalla nascita), sia quelli del cieco, che guardato e raggiunto dalle parole di Gesù, va a lavarsi e torna che ci vede.
Il cieco prima ascolta le parole di Gesù a lui rivolte e poi le esegue prontamente, senza dubitare e senza tentennare: ascolta ed esegue (Gesù: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» ed egli andò, si lavò e tornò che ci vedeva»).
Ecco l’insegnamento che ci viene dato: “Ascolta! Fa’ quello che ti è detto! E poi vedrai...”. Noi invece invertiamo l’ordine: prima vogliamo vedere, poi convincerci, poi forse ascoltare e infine chissà … anche fare. Il cieco prima di vederci si alza, cammina, va alla piscina. Fa cose che gli sono state chieste, dettate dalla fiducia in Gesù e mentre fa questo credendo, recupera la vista!
Al contrario quelli che non credono, pur di fronte allo stesso evento, anziché riconoscerlo, chiacchierano su di esso, fanno commenti, pettegolezzi sul miracolo, esprimono giudizi negativi e rimangono nella loro convinzione. Peggiori di tutti sono quelli che “sanno”. Infatti l’intero brano è percorso da questo ritornello: “Noi sappiamo”. Per questo rimangono ciechi!
Non è importante sapere, né convincersi e nemmeno vedere; prima di tutto viene l’ascolto, il fare credendendo a quanto ci è detto e richiesto!
La religione biblica autentica non è l’ossessione del vedere: il cieco è guarito e si illumina non perché ha visto Dio, (non ha nemmeno visto Gesù!) bensì perché ha ascoltato, creduto e fatto quanto Gesù gli chiedeva. Ascoltare ci porta alla fede, ci apre gli occhi, ci trasforma e ci fa credere che è Lui il mio unico bene.
DOMENICA DELLA TENTAZIONE DI CRISTO
“Non c`indurre in tentazione”
In questa Domenica non scrivo parole mie ma riporto quelle di un grande Vescovo del passato, Cirillo di Gerusalemme, sul modo in cui anche noi, tentati, possiamo superare la prova e riportare vittoria sul Maligno.
«… non c`indurre in tentazione», Signore.
C'insegna forse il Signore a pregare di non essere mai tentati? E perché si legge da qualche parte: “noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza (Romani, 5,3) e altrove: "Considerate, fratelli, perfetta letizia quando subite ogni sorta di prove (tentazioni)" (Gc 1,2)?
Però entrare in tentazione non è farsi sommergere dalla tentazione. Infatti la tentazione è paragonabile a un torrente di difficile passaggio. Alcuni che, nelle tentazioni, non si lasciano sommergere l'attraversano. Sono bravi nuotatori che non si fanno trascinare dal torrente; altri che tali non sono, entrati, ne vengono sommersi.
Così, ad esempio, Giuda entrato nella tentazione dell'avarizia non la superò, ma sommerso materialmente e spiritualmente si impiccò.
Pietro precipitò nella tentazione di rinnegamento, ma superandola non ne fu definitivamente sommerso. Attraversò [il torrente] con coraggio e non ne fu trascinato.
Senti ancora in un altro passo il coro dei santi profeti, che ringrazia di essere scampato alla tentazione: "Tu ci hai provato, o Dio, come l'argento ci passasti al fuoco … tu hai posto sulle nostre spalle le sofferenze ... Abbiamo attraversato il fuoco e l'acqua e ci hai sospinto verso il refrigerio" (Sal 66,10-12).
Vedi che parlano della loro traversata senza essere andati a fondo? (cf. Sal 69,15).
E tu «ci hai sospinto al refrigerio». Entrare nel refrigerio è essere liberati dalla tentazione.
(Cirillo di Gerus., Catech. V Mistag. 17)
Io non ti dimenticherò mai!
Non possono mancare in Dio, che è Amore, quelle intensissime e divine tenerezze che noi attribuiamo di solito alle nostre mamme. Egli supera anche l’amore di una mamma!
"Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai".
Tutta la storia della salvezza è la conferma di questo amore grande di Dio per le sue creature. Egli grande nell'amore, attende con impazienza chi si allontana da Lui, non vede l'ora di dargli il suo abbraccio e riaverlo. Egli è per tutti il Dio provvido.
Egli ci invita a chiedere il pane quotidiano e quanto ci nutre nell'anima; la sua Parola e il Pane di vita. Ci dice oggi: " Non affannatevi dunque per il domani, perchè il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta"
Ci siamo costruite le nostre umane sicurezze, abbiamo spento troppo in fretta in noi la nostalgia di Dio, la fede nella Provvidenza, per questo sono nate ingordigie, affanni, inquietudini e tutti i derivati.
Dobbiamo riscoprire e tornare a vivere nella fede in Dio e immergerci ancora nel suo amore per acquietare i nostri animi e sopire i nostri appetiti smodati. Dio ci illumini!
Siate perfetti come il Padre
Domenica del “siate perfetti come il Padre” VII Domenica - A
L’ultimo versetto del vangelo: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48) e l’inizio della I lettura: «Siate santi perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo» (Lv 19,2) si richiamano in maniera evidente e rimandano a quel Dio, buono santo e misericordioso, che noi dobbiamo imitare. Il Vangelo continua il «discorso della montagna», che si concentra adesso verso il cuore della fede cristiana, l’amore verso i nemici. Questo cuore tuttavia è anche uno dei punti meno accettato dagli uomini, e forse anche più disatteso dai cristiani.
Gesù «è venuto a portare a perfezione, a compiere» la Parola antica (Mt 5,17), il suo discorso è certamente esigente, ma noi lo dobbiamo prendere sul serio, sforzandoci di trovarne le applicazioni per la nostra vita, senza sconti o scorciatoie ma fiduciosi nella grazia di Dio che renderà possibile tutto questo.
Nella Legge antica stava la ferrea legge del taglione: “occhio per occhio e dente per dente”.
Era la possibilità ed il diritto di infliggere un’offesa simile a quella ricevuta. L’espressione poi, nel tempo, è divenuta sinonimo di ritorsione, ma nelle pagine bibliche (cfr Es 21,23-25; Lv 24,19-20; Dt 19,21), questa legge interviene per porre un limite: ad un danno si può, al massimo, reagire “dando pan per focaccia” cioè una “vendetta” proporzionata. Era insomma una norma, in qualche modo, benefica, considerando che in antico la vendetta per un danno subito era illimitata, a volte implacabile e poteva essere esercitata sia sul colpevole, sia su un familiare o sul clan. (Come ancor oggi si trova nella delinquenza organizzata, nella mafia, camorra e cosche simili).
Ma anche di fronte a questa legislazione equilibrata, Gesù va oltre con il suo “ MA IO VI DICO!” E’ una parola assoluta e paradossale che chiede, se uno è colpito personalmente di non opporre resistenza violenta, rendendo male per male secondo la vecchia e pur saggia legge del taglione.
Gesù annuncia la possibilità di andare oltre quella norma, realizzando nuovi rapporti inter-umani. La sua parola non è un consiglio o un comando rivolto a magistrati e giudici, bensì al suo discepolo come eventuale parte lesa a cui egli dice di non opporsi al malvagio» (v. 39), di non «contra-porsi» al malvagio con lo stesso atteggiamento di malvagità. Il senso di questo insegnamento è espresso da S. Paolo così: «Non rendete a nessuno male per male ... Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene» (Rm 12,17.21). Gesù non proibisce quindi di opporsi con dignità agli attacchi ingiusti (cfr il suo stesso caso Gv 18,22ss) né, ancor meno, di combattere il male del mondo.
Nella Legge antica stava il precetto grave e difficile dell’amore per il prossimo - come in Levitico 19,18 - ma Gesù con il suo «amerai» chiede amore senza riserve, verso tutti.
«Chi è il prossimo da amare?». Gesù ci proietta verso il nuovo e l’amore verso il prossimo è ampliato illimitatamente, in quanto tutti sono nostro prossimo da amare, anche i nemici.
«Amate... pregate»: sono entrambi imperativi. La prima carità è pregare per i nemici, anche se persecutori spietati, poiché solo così si diventa figli del Padre.
Non si può più amare solo i connazionali, quelli del proprio gruppo, famiglia, né solo chi merita di essere amato! Gesù ai suoi discepoli chiede amore per quelli che non se lo meritano affatto (v. 44), anche coloro che perseguitano la comunità cristiana restano "prossimo", per i quali bisogna pregare.
La motivazione di questo principio è: così fa Dio, questo è lo stile di Dio che ama in modo generoso e gratuito tutti, senza porre la condizione del merito (v. 45).
Se noi siamo figli di Dio, per opera dello Spirito di Gesù, possiamo anche vivere come il Padre nostro del Cielo.
Altri articoli...
Pagina 35 di 48