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Il Pastore dà la vita

Gesù “buon pastore”, vuol dire pastore autentico e unico che offre la vita per le  pecore, cioè la rischia, la espone ai pericoli dei briganti e degli animali feroci,e arriva  anche a dare la vita, a morire per i suoi pur di salvare le sue pecore. Egli non è un  salariato, a cui interessa poco o niente la vita delle pecore….  

•  Cristo ha un legame di obbedienza e di amore con il Padre (“il Padre conosce  me e io conosco il Padre”)  

•  e vive un legame di conoscenza, amore e appartenenza con le pecore: “Conosco  le mie pecore e esse conoscono me”.  

Tutto si gioca sul piano della relazione, sul piano dell’amore, e non del dovere e  nemmeno dello stipendio a fine mese: “Nessuno ha un amore più grande di questo: 

dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13).  

La rivelazione del pastore diviene anche rivelazione del tipo di credente che Gesù  desidera: il credente è colui che conosce il Signore e ne ascolta la voce (vv. 14.16). 

•  Ascolto e conoscenza del Signore sono azioni anzitutto personali che  introducono nella vita spirituale e conducono verso l’unità interiore.  

•  Ma sono anche azioni ecclesiali che consentono al Signore di governare la sua  comunità e di condurla verso l’unità: “Diventeranno un solo gregge e un solo  pastore”. Il testo allude a un popolo futuro, composto da Israele, e dalle genti 

(“ho altre pecore che non sono di questo ovile”),  

Giovanni presenta Gesù come pastore universale: a lui solo spetta questo titolo.  

Il pastore, è uno solo Cristo, il gregge sarà UNO perché Gesù è l’UNICO PASTORE! 

Pastore buono: è il titolo più disarmante che Gesù abbia dato a se stesso.   Eppure questa immagine non ha in sé nulla di debole o di sdolcinato: il pastore qui  presentato infatti è  

•  forte perché ha il coraggio di non fuggire davanti ai lupi; 

•  è vero perché si frappone fra ciò che dà la vita e ciò che procura morte al suo  gregge. 

•  E’ un Pastore che ama e per amore affronta tutto anche la morte e normalmente  come dice Isaia: «porta gli agnellini sul seno e conduce pian piano le pecore  madri» (40,11).  

Questa descrizione evoca una dimensione tenera e materna che, unita alla fortezza,  compone quella che papa Francesco chiama «combattiva tenerezza» (Evangelii  gaudium 88). Che cosa ci rivela  Gesù con queste parole?  

Non una dottrina, ma il suo atteggiamento abituale verso di noi,  

•  quello di  tenerezza che mai si arrende.  

•  E quello che il Vangelo di oggi sottolinea per cinque volte, con queste parole: il pastore dà la vita.  

 

Ho veduto morire la morte!

La Risurrezione in quanto tale non è stata “spettacolare” (Lc 23,48) e sotto gli occhi  di tutti come la crocifissione-morte del Signore. La Risurrezione non è stata fissata  da nessun occhio umano.Ecco perché anche quando il Risorto si è fatto vedere a dei  testimoni prescelti da Dio e non a tutto il popolo, questi «credevano di vedere un  fantasma» (Lc 24,37), uno spirito.  

Luca ripercorre il cammino travagliato degli amici di Gesù di fronte alla Tomba  vuota, ai messaggi di angeli, ai racconti delle donne e alle reali apparizioni di Cristo  Risorto che generano però gioia e sconvolgiment, stupore e paura (Lc 24,22.37), uno  stato quasi confusionale.  

In questo contesto psicologico e umano è situato il racconto di questa domenica che  comincia così: «mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in  mezzo a loro…e disse…perché sorgono dubbi…sono proprio io…».  

Credevano fosse loro apparso uno spirito o fantasma. Ma Gesù non è un fantasma  un’idea astratta bensì l’Autore della Vita, il VIVENTE (Lc 24,36-43). 

«Disse: Sono queste le parole che io vi dissi quando ancora ero con voi: bisogna che  si compiano tutte le cose scritte su di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi.  Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: Così sta scrittoil Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno». 

Gesù ricorda cose dette loro, risveglia la loro memoria e li illumina perché  comprendano le Scritture che di questi eventi parlavano. 

Vedete, ogni domenica (Lc 24,1) in ogni comunità convocata per la Messa risuona  quanto «Sta scritto» cioè la testimonianza della resurrezione di Cristo. Egli viene a  noi come parola che invita al mutamento di pensieri e di vita, come anche è espresso  dal gesto dello spezzare il pane (Lc 24,35).  

Cristo si offre in cibo all’uomo e gli dona possibilità e forza di risorgere; e ricorda  ad ogni uomo che è destinato alla resurrezione ma anche a farsi pane spezzato per  gli altri, oltre ad essere testimone di queste cose!  

 

Preghiera

   

Amare è dare

Dio ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio. È la lieta notizia da ripeterci ad ogni  risveglio, davanti ad ogni difficoltà.

Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio. Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci  ama. Nel Vangelo “amare” è richiamo non alle emozioni ma al dono. Ha tanto amato da dare a noi suo Figlio!

Il mondo intero è stato amato da Dio, la terra, gli animali e le piante e la creazione tutta. E se Egli ha amato il mondo e la sua bellezza fragile, allora anche noi ameremo il creato   il prossimo come noi stessi.

Se Dio ha tanto amato il mondo da darci il sua Figlio, noi come Lui dobbiamo amarci,  impegnarci ad amare, a dare non a convertire le persone. Dio ama e stranamente non  chiede reciprocità ma alterità: “Come io ho amato voi, così voi amatevi gli uni gli altri”  (Gv 13,34): il movimento del dono non è più il classico circolo “io-tu, tu-io” ma è una  tensione, un atteggiamento aperto a far fiorire la vita. E questo agire divino è esemplare  per la chiesa.

Anch’essa è mandata agli uomini non per giudicarli, ma per salvarli e dare vita e per  narrare a tutti l’unica cosa  necessaria: la misericordia di Dio e fare opera di liberazione,  dare senso e respiro ad ogni buona realtà umana.

Cristo, in quanto dono per la vita degli uomini, ha vissuto la sua intera esistenza donando  tempo  e tutto se stesso, per genera vita, trasmettere e suscitare vita. Per questo il dono di  Dio – gratuito ma non neutrale – diviene appello alla fede ed esige una presa di  posizione di fronte al suo inviato Gesù. Per questo l’unica opera essenziale secondo il  vangelo di Giovanni è la fede in Gesù: “Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli  ha mandato” (Gv 6,29).

 

SIAMO UN CORPO SOLO

Oggi facciamo tappa a Gerusalemme, nel tempio, anzi nel suo atrio, detto “cortile dei  Gentili” dove potevano accedere tutti, anche gli stranieri. 

Qui si imbatte – come al solito per quei tempi -  in «gente che vendeva buoi, pecore e  colombe e…nei cambiamonete». C’è un’insolita reazione, da parte di Gesù: si fa una  frusta di cordicelle e comincia a scacciare lontano i mercanti, a rovesciare i banchi dei  cambiamonete , con questa motivazione: «Portate via di qui tutte queste cose e non fate  della casa del Padre mio un mercato» (Gv  2, 14-16).  

E’ lo zelo tipico del Profeta del Dio vero, che costantemente divora Gesù, la passione per  Dio, per la sua casa, per le cose di suo Padre, per il suo popolo.  

Tocca al Profeta ricordare che ogni tempio può divenire, in nome di qualcosa d’altro,  travisamento, manipolazione, mercato e non più luogo dell’incontro.  Chi lo autorizza?  Perché fa questo?  

E’ questa la domanda che i Giudei fanno a Gesù: con quale autorità fai questo?  Quali  credenziali hai e da parte di chi fai questo? Alla fine del dialogo animato fra Gesù e i  Giudei, scopriamo che il purificatore del Tempio è Lui stesso il Tempio di Dio! Il suo  corpo è la dimora, il luogo attraverso cui il Padre si rende udibile e visibile, attraverso cui  l’uomo incontra Dio. San Giovanni commenta che: «Quando poi fu risuscitato dai morti, i  suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo,  e credettero» (2,22).  

Detto questo, ne deriva il grande e inevitabile compito nostro e della Chiesa: quello di  essere nella storia la memoria che è Gesù il tempio di Dio.   E, a cascata, da questo deriva: 

  • che ognuno di noi è tempio di Dio: «Non sapete che il vostro corpo è tempio dello  Spirito Santo, che è in voi?» (1Cor 6,19). 
  • che non c’è altro tempio, oltre alla persona umana, più degna di essere rispettata per  rendere un culto degno di Dio e mostrare Dio all’uomo.  
  • che il nostro corpo, abitato da Dio, è destinato alla resurrezione come quello di  Cristo a cui siamo uniti nella fede, sì da formare con Lui un corpo solo.  Buona Domenica  
   

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