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Si commosse per la folla… insegnò e la sfamò

«In quel tempo gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato. Ed egli disse loro: Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'. Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario. Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.

Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose (Mc 6, 30-34).

Il brano descrive Gesù e il suo rapporto di intimità con i suoi discepoli. Gli apostoli erano stati mandati in missione e avevano eseguito ciò che il Maestro aveva loro affidato, avevano cacciato i demoni, avevano guarito i malati. Ora al ritorno sentono il bisogno di raccontare a Gesù ciò che essi avevano fatto. Il Signore li invita a ritirarsi con lui in un luogo solitario e a riposarsi. Infatti c'era molta folla attorno a

loro e a Gesù al punto che non potevano neppure prendere cibo» (Mc 3, 20).

E’ una situazione che si ripete nella chiesa in ogni tempo, quella cioè di essere presi dal troppo lavoro e dai troppi servizi, come Marta …

Non è solo l’invito a riposarsi per poter riprendere il lavoro stesso ma è soprattutto l'invito a “riposare” appartandosi con Lui!

Insomma le nostre energie apostoliche le rigeneriamo stando in intimità con Gesù: «Ne costituì Dodici che stessero con lui» (Mc 3, 14). Lo stare con Gesù precede e segue la missione di predicare e di cacciare i demoni e di guarire i malati. Stare con Gesù è riprendere il contatto con la sorgente della vita divina, con l'origine della missione.

Infine il Signore ha compassione di quella GENTE eppure la prima cosa che fa nei suoi confronti è l’insegnamento: egli si mise a insegnare.

L'insegnamento di Gesù non è soltanto trasmissione di verità, ma è vita come il Pane che “moltiplicherà” subito dopo, perché Lui solo ha parole di vita eterna e la sua Parola dà sostentamento e forza, come il cibo.

Ma il suo insegnamento è anche autorevole cioè efficace: produce l'effetto desiderato in chi ascolta e si fida. E’ parola che guida a i retti sentieri, a pascoli abbondanti, e in modo saggio e prudente, conduce il gregge a salvezza e prosperità. Inoltre Gesù è capace di passare dalle parole ai fatti nella sua REALE COMPASSIONE PER LA GENTE: INFATTI LA RISTORA E LA RIFOCILLA IN ABBONDANZA. Per questo è il vero e bel Pastore che parla, che guida, che accarezza le pecore e le conduce in pascoli ubertosi.

 

Siamo un corpo solo

ENSEMBLE Canto dell'Inno

 

   

Si scandalizzavano di lui" (tradotto: com‘è possibile credere a uno così?)

Gesù a Nazaret, suo paese, suscita stupore e incredulità. È segno di contraddizione: alcuni si stupiscono della sua sapienza, altri la ritengono incompatibile ed impossibile in un uomo così. Il suo ministero nella sinagoga di Nazaret, luogo sacro di culto, subisce un fallimento totale. Marco annota che Gesù "si meravigliava della loro incredulità".  Ci chiediamo: qual è il motivo di questa chiusura nei suoi riguardi?

La si intuisce dalle reazioni della gente che l'evangelista ci tiene a riportare.  

"Donde gli vengono queste cose? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo?".   

Come può insegnare questo uno così? Chi presume di essere uno dalle origini così modeste? E' figlio di povera gente, di un artigiano, non ha avuto una formazione particolare, sappiamo tutto di lui e della sua famiglia, l’abbiamo visto crescere.   

Pertanto è proprio la conoscenza diretta del suo ambiente familiare che evidentemente impediva loro di riconoscere in lui un inviato di Dio. Per la sua gente non poteva che essere soltanto "un carpentiere".   

Nazaret non è Gerusalemme, cuore della religione ebraica; Nazaret è nella  Galilea delle genti, in zona pagana; studiosi e rabbini avevano studiato a Gerusalemme, provenivano da quella Università non da un paesino sperduto! Inoltre,  Nazaret non godeva di buona nomea in Giudea. Ricordiamo tutti l’episodio di Natanaele, che quando qualcuno gli parlò di Gesù, ebbe a dire: "Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?" Tradotto vuol dire: “Il Messia doveva venire dalla Giudea, non da una terra religiosamente imbastardita come la Galilea o Nazaret!”  

Nel brano odierno vediamo precipitare la situazione, quando Gesù afferma: "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, fra i suoi".  

Risposta che denota come Gesù non fa nulla per accattivarsi la simpatia dei suoi compaesani.   

A noi questo dice e fa capire che  per Gesù conta solo la sua missione, la Parola che Dio gli ha affidata e che Egli fedelmente ci porge in ordine alla libera salvezza. Tradotto vuol dire anche per noi credenti che il Vangelo o la missione affidataci non è una merce di scambio per ottenere fama e consenso.   

Ci viene ricordato che l'agire del Signore è questo: "Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti".   

Infatti Gesù si mette davanti ad ogni uomo con la sua debolezza e con la sua proposta di salvezza: tocca a ciascuno di noi decidere liberamente se accoglierlo o rifiutarlo.  

Ovviamente nel sì quotidiano si opera in noi salvezza, grazia e bellezza, e così risultiamo graditi e accetti a Dio  

  

 

Così è il regno di Dio

Il Vangelo ci propone due PARABOLE, brevi ed efficaci, molto significative. Esse ci invitano a scavare per trovare il pozzo dell’acqua. Il pozzo dell’acqua è la salvezza che si trova solo nel Signore.  

Dice l’evangelista:Così è il regno di Dio: cioè avviene nel Regno come quando un uomo….».   Il Regno non è un’idea, un’astrazione ma una realtà che si aggancia e si proietta sulla vita e  sull’opera dell’uomo, il quale vi deve corrispondere come il terreno buono corrisponde al seme  vitale che vi è stato gettato. 

Nella parabola del seme che germoglia spontaneamente e del granellino di senape tenace ed  espansivo, i trionfalisti di oggi e coloro che “sono nel pianto” perché le cose non sono più come una  volta, possono qui trovare una risposta alle loro preoccupazioni e allo scandalo di una Chiesa dimessa, non potente, non influente nel mondo d’oggi. 

Qual è questa risposta? 

Che, nonostante la sua apparente passività, il suo silenzio, la sua “pochezza”  Dio è potente ed è  all’opera nel mondo ed il suo regno di volta in volta ha un’espansione inattesa, del tutto  sproporzionata alla modestia dei suoi inizi. 

La condizione e la causa di questa crescita è la morte di Gesù, avvenuta come quella del chicco di  frumento che gettato in terra e morto può portare molto frutto: la Chiesa non deve mai  dimenticarlo.  

Dio esalta le cose piccole (vedi I lett.); l’albero della dinastia di Davide (il sogno politico e ambizioso  di essere sopra gli altri) non si è storicamente realizzato ma questo non vuol dire che Dio abbia  rinnegato il suo popolo e le sue promesse ma solo che Egli ha deciso di rinnovare tutto ma non  come l’uomo s’aspettava! Ora, rinnovare non è rinnegare, ma fare un’altra cosa … perfino migliore!  Il ramo più fragile del vecchio albero così amorosamente piantato sarà all’origine di un popolo  nuovo. Questo ramo sarà Gesù di Nazaret; e con lui una chiesa senza pretese, piccola e fragile  come lui, come un granello di senape, che però si svilupperà per forza intrinseca che viene da Dio e  si espanderà irresistibilmente, per fare di tutti i popoli un solo popolo, all’ombra di Dio. 

Cristo ci chiama a vivere e a continuare la lotta, perché non si può arrivare dinanzi a lui a mani  vuote, gettando la spugna, ma da combattenti valorosi!. 

Non dobbiamo dunque mai perderci d’animo, ma piuttosto essere capaci di comprendere i  cambiamenti che si impongono all’esistenza cristiana. Nella «condizione di diaspora» in cui si  trova, la chiesa deve operare un ritorno al vangelo, che i primi cristiani hanno vissuto senza il  sostegno di una potente organizzazione, e nemmeno con l’aiuto dello Stato (anzi!) o di alleanze  con potenti di questo mondo…ma con i mezzi poveri della bontà, del servizio gratuito e della  testimonianza, gli unici capaci di guadagnare al Cristo il cuore degli uomini. 

Nella parabola del seme ci sono i due verbi della crescita: «germoglia»  e «cresce»:  il seme prima  germina poi si “allunga”  in modo misterioso persino per l’agricoltore che non sa come e perché  questo avvenga.  

Quindi il REGNO proclamato da Gesù è il luogo e la realtà dove tutte le creature possono  trovare rifugio, e non è sfolgorante come l’impero romano d’allora paragonabile ad un maestoso  cedro del Libano ma più somigliante ad un cespuglio di senape, resistente ma progressivamente  invadente i cuori e le coscienze degli uomini e dei popoli. Il contrasto è orribile, ma chiaro.   

   

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