Pillole domenicali

Chi è il prossimo? Domenica XV

La Parabola del Samaritano è ricca di spunti e molto attuale. Di per sé, agli occhi dei giudei, il samaritano era l’eretico, il nemico, il bastardo da evitare perché non rientrava certamente nel catalogo del “prossimo”, per Israele.

Gesù ci educa e ci esorta non a chiederci “chi è il mio prossimo”, ma a sentirci e farci consapevolmente prossimo di chiunque incontriamo per strada, nella vita, senza etichettarlo in un modo o nell’altro, per via della razza, del colore della pelle, dello stato sociale, della stessa religione.

Chiedersi “chi è il mio prossimo” è una domanda oziosa, porta a distinguere quelli che meritano il mio amore, la mia attenzione, la mia cura, i miei doveri sociali e religiosi e quelli che nulla meritano di tutto questo, come i “nemici”, i diversi, i lontani dalla mia cerchia, gli estranei alla mia vita, chi mi ha fatto del male, chi non è dei nostri, chi non la pensa come me, etc…

Sapere invece che occorre farsi vicino, vicinissimo (=prossimo) all’altro, nel miglior modo possibile, in quella precisa situazione, prestargli le cure necessarie, interessarsi concretamente a lui, non passare oltre, non guardare dall’altra parte, non aver paura di perdere tempo, di contaminarsi, di compromettersi, di rischiare qualcosa di tuo, di andare contro le”disposizioni” governative … questo è il cuore del messaggio evangelico e l’essenziale della fede cristiana.

Il buon samaritano vide, si avvicinò, si prese cura, lo portò in una locanda sulla sua cavalcatura (prova a far salire in macchina uno che è ferito, che ha problemi di schiena, di gambe ed altro… quanto tempo e quante attenzioni necessitano per essere all’altezza della situazione!) lo affidò a persone affidabili, pagò di tasca sua e si mostrò disposto a fare altro anche dopo il primo pronto soccorso.

È facile dire e pensare di amare chi è lontano che non disturba la nostra vita... ma quanto è difficile mostrarsi attenti e pieni di cura verso chi incontriamo “per caso” sulla nostra strada, sul nostro pianerottolo, in ufficio, in un’azienda, nel banco di scuola…. che ci interpella, in qualche modo, anche senza proferir parola. Tu devi imparare a sentirti prossimo di ogni uomo! Questo è l’imperativo categorico per una coscienza cristiana. La Scrittura afferma che la parola di Dio è molto vicina all'uomo, essa è nel suo stesso cuore, da vicinissimo essa ti interpella non è al di là del mare. Gesù stesso di è fatto vicino a noi, ed è passato facendo del bene… a quanti l’hanno intercettato. Amare il prossimo significa e comporta sentire “compassione”, prestare cura, dedicare tempo e zelo, farsi vicinissimo a chi si vede essere in difficoltà, dalla propria cerchia agli sconosciuti e perfino al “nemico”, all’avversario, al diverso da te.

Il sacerdote e il levita avevano appena celebrato il culto nel tempio, avevano lodato e onorato Dio – forse anche con zelo – ma appena fuori sono stati freddi e opportunistici – con tutti i loro buoni motivi – e son passati oltre, hanno cambiato marciapiede, hanno guardato dall’altra parte e non dove lo stesso Dio prima onorato, ora li chiamava a prestarsi in favore di un suo “figlio” in difficoltà.

 

Pagina 7 di 380