Nessuno è profeta in casa sua!

Il brano evangelico di questa domenica ci esorta ad apprezzare il quotidiano, la normalità, che sono spesso il luogo privilegiato in cui il Signore ama svelarsi e operare. Ciò contrasta con ogni aspettativa miracolistica, che spesso caratterizza il cammino di fede di tanta gente.

La storia ci dice che Gesù è nato da una famiglia ordinaria, ha avuto una parentela normale, una crescita normale, ha fatto cose normali fino a trent’anni! Come ogni ragazzo ebreo, avrà aiutato il padre nei lavori, giocato con cugini e amici, condotto una vita quotidiana, non a colpi di teatro.  

Verso i trent’anni frequentò Giovanni il Battista, ricevette da lui il Battesimo e finalmente si gettò nella vita pubblica per essere un predicatore itinerante della Buona notizia, cominciando dalla Galilea e frequentando la sinagoga di Nazaret, “sua patria”.

Oggi ci è presentato mentre “insegna” nella Sinagoga di Nazaret. Al momento opportuno, Gesù legge le Scritture e commenta la Parola. Non è un rabbi ufficiale, tuttavia esercita, come ogni ebreo con più di dodici anni, questo diritto di leggere i testi sacri e tenere l’omelia.

Marco mette in evidenza la reazione dell’assemblea radunata, dopo che Gesù ha parlato. 

C’è stupore e ammirazione: è un bravo predicatore, ha autorevolezza, la sua parola colpisce e appare ricca di spunti originali. Si chiedono stupiti “Da dove gli viene tano sapere? E i prodigi che fa?” (in precedenza Gesù ha guarito la donna che perdeva sangue e ha richiamato in vita una ragazza morta). 

Uno si aspetterebbe, di conseguenza, un’adesione spontanea a Gesù, unita alla fierezza che Lui è uno di loro! Macché: è tutto il contrario. E perché?

La loro ottica è provinciale e religiosamente sbagliata. Questo modo di fare di un Dio o del Messia, per loro, è troppo scontato, normale, ordinario, per questo passano velocemente dallo stupore alla delusione, perfino alla denigrazione.  

Gesù appariva come loro dimesso, senza titoli particolari e qualificanti, troppo umxano, uno di loro! E così, proprio in quello che vedevano e sentivano, trovavano un ostacolo ad aver fede in lui e nella sua parola. Era per essi più un inciampo che un “facilitatore” della fede in Dio.

Un inciampo più che un vantaggio, per chi presumeva di conoscerlo molto bene, in  quanto vicino o familiare o concittadino. 

Non era questa la prima volta che Gesù agli occhi dei suoi appariva tanto strano. Già all’inizio della sua predicazione i suoi familiari erano venuti per prenderlo e portarlo via, dicendo che era pazzo, era fuori di sé (Mc 3,21). Ora, è tutta Nazaret a emettere questo giudizio negativo su di lui: è troppo ordinario, poco sacrale, poco rituale; non risponde ai canoni tipici dell’Inviato di Dio, del Messia atteso.

Di fronte a tanta incredulità e sospetto Gesù è come ridotto all’impotenza, e non può operare con forza, perché manca la fede in lui da parte dei presenti. 

Si verificava così quanto nel prologo di Giovanni si legge: venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto!

Ciò nonostante Egli continua con fedeltà la sua missione andando altrove, predicando e operando il bene. Amen.