Domenica dell’Ascensione del Signore

La festa dell’Ascensione rappresenta il Risorto sollevato dalla Nube (Spirito Santo) che ascende in virtù propria al Cielo, ove siede alla destra di Dio e intercede per noi tutti.

L'evento dell'ascensione compie e illumina tutta l’opera di salvezza del Cristo e rappresenta il  suo esodo da questo mondo, il suo ritorno al Padre (Gv 13,1; 14,12.28; 16,28; 20,17).

 

L'ascensione è un modo nuovo di essere di Gesù, in sé stesso e in rapporto a noi. 

Il cielo non è un luogo dove Egli giunge, ma quella condizione “che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo, ciò che Dio ha preparato a quelli che lo amano” (1 Cor 2,9). 

 

Marco riassume l’evento dell'Ascensione di Gesù con una formula lapidaria: «fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio». Con l'Ascensione quindi Gesù “parte e sale al Cielo”, ma con essa Egli annuncia anche il suo ritorno, incoraggiando la nostra attesa di Lui, nel tempo: «Questo Gesù, che è stato tra di voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui lo avete visto andare in cielo» (cfr. I Lett).

Al v. 16 leggiamo: «Chi crederà»: la predicazione apostolica ha per scopo non la formazione ma la salvezza delle anime, attraverso l'adesione non solo dell'intelligenza, ma anche della volontà e del cuore, espressa mediante un atteggiamento interiore che Paolo chiama «ubbidienza della fede» (Rm 1,5; 16,26). 

C’è una netta opposizione fra chi crede e si salva e fra chi non crede e sarà condannato.

Davanti al Vangelo e alla Grazia esistono due soli modi di reagire: la fede o l'incredulità.  Questo suona duro oggi ai nostri orecchi, abituati ad attenuare tutto, a non dire più pane al pane e vino al vino ma adattarci per non ferire chi la pensa diversamente!

Molti Cristiani fanno con la fede come si fa, dopo mangiato con lo stuzzicadenti: piano piano si toglie ciò che dà fastidio di quelle Verità di cui ci si è nutriti a lungo. Crea meno problemi credere in un "dio" vago, che va bene a tutti, un Dio senza nome e senza volto, avere una religiosità buonista e cedevole, senza tante verità certe ed esigenti. 

In questo clima debole son caduti anche certi curatori d’anime e sedicenti teologi: questi ormai non lottano più, non annunciano più il Vangelo, né si preoccupano di sacramenti e di amministrare la grazia di Dio, presi come sono da opere sociali e simili e dal dialogo interreligioso sempre accattivante.

Le sacre Scritture, tuttavia,  non si possono mutare, né possono essere interpretate in base alle esigenze delle epoche. Oggi ieri e sempre non c’è altro Nome dato agli uomini sulla terra in cui poter trovare salvezza.  

L’Ascensione quindi ci sprona a “missionare” a fare diventare discepoli di Cristo  tutti i popoli: non è un fatto accessorio, un “lusso” da permettersi in certi casi. 

È una condizione, proprio come la Croce. Elevato al Cielo per intercedere per noi presso il

Padre, Cristo continua la sua opera di salvezza, mediante la Chiesa, mediante ciascuno di noi.