ANNUNCIARE LA PAROLA Domenica del Dio della Vita

La Bibbia, dice s. Agostino, è come uno specchio nel quale possiamo vederci quali siamo per impegnarci a divenire quali dobbiamo essere. Le letture di oggi rientrano in questo detto.

Cos’è la vita? Secondo Giobbe, è come la giornata d’un manovale che fa lavori pesanti, o quella di uno schiavo costretto a lavorare pe forza. Se è pesante la fatica del giorno lo è ancora di più una lunga notte insonne.. Giobbe aveva tante ragioni di lamentarsi (la perdita di tutti gli averi e dei figli, l’incomprensione degli amici e della moglie, il timore d’essere stato abbondonato pure da Dio), non aveva più un filo di speranza ….

Quanti, oggi, in società, “sentono il peso della inquietudine, tormentati tra speranza e angoscia, interrogandosi sull’attuale andamento del mondo” (Gaudium et Spes, 4). 

Quanti si domandano: “Qual è il significato del dolore, del male, della morte, che malgrado ogni progresso continuano a sussistere?” (idem, 10). 

C’è motivo di ben sperare? Sì l’abbiamo perché la nostra speranza è fondata sulla bontà del Signore, come la chiesa prega: “Unico fondamento della nostra speranza è la grazia che viene da te”.  Certamente è molto difficile, in certi momenti, non cadere nel pessimismo di coloro che non hanno speranza (1 Ts 4,13), che sono “senza Cristo..., senza speranza e senza Dio in questo mondo” (Ef 2,12).

Il vangelo di oggi ci parla di una malata in particolare, la suocera di Pietro, e poi di tanti altri malati. La malattia è una delle tante prove e croci a cui va soggetta l’umanità. Dalla malattia si deve guarire e si può guarire anche grazie a tanti farmaci di cui è legittimo servirsi. 

Una bella notizia ed una vera novità emerge nel vangelo odierno: come la suocera di Pietro guarita, si mise subito a servire Gesù ed i suoi accompagnatori, così ogni malato che si riprende, da parte sua, dovrebbe mettere le ricuperate energie a servizio degli altri e di Dio stesso. Chi sta bene di salute può essere indifferente verso chi sta male

Dei malati devono aver cura, è chiaro, i familiari, ma ai malati debbono le loro prestazioni coscienziose e attente i medici, gli infermieri e quanti sono addetti al loro servizio, mettendo a disposizione la loro competenza professionale e tanto cuore.

La liberazione degli indemoniati e la guarigione dalle malattie nel vangelo sono segno che gli ultimi tempi sono venuti e che il Regno di Dio è in mezzo a noi.  Il Regno di Dio avanza così. Ma ci sono priorità da rispettare!

Gesù non comincia a guarire, perché non è venuto per questo. Egli dichiara apertamente di essere venuto ad annunciare la bella notizia ai poveri (v. 38). Deve prima seminare la Parola, che è piena di potenza creativa ed anche guaritrice quando è accolta con fede.

«Si mise a insegnare» (Mc 1,21), ci ha detto il Vangelo anche domenica scorsa.

Anche Paolo nella seconda lettura dice di sentirsi nella necessità di annunciare il vangelo perché il Signore l’ha afferrato. 

“Tante sono le cose da fare, ma la priorità per Gesù è quella di INSEGNARE. Il Signore Gesù, prima e più che sfamare e guarire, si preoccupa di comunicare la verità. Certo scaccia anche i demoni e debella le malattie; ma il compito che egli ritiene primario è quello di INSEGNARE.

Egli sa che la sventura originaria e più grande dell’uomo è quella di vivere nell’errore e nella menzogna ed anche nell’ignoranza religiosa. 

E anche noi siamo persuasi che dalla mancanza di verità sono determinate le più pungenti infelicità della famiglia umana…. L’insegnamento di Gesù non teme di sfidare le opinioni dominanti… nel Vangelo di Cristo troviamo finalmente una luce non provvisoria per la notte dei nostri dubbi e un alimento non deludente per la nostra fame di verità”.(Card. Giacomo Biffi, 2 febbraio 1991).