V DOMENICA DI QUARESIMA: “Lazzaro vieni fuori dal sepolcro”!

Oggi è la domenica di Lazzaro, della vita che vince la morte. Messaggio quanto mai attuale in queste settimane in cui nell’opinione pubblica è viva la riflessione e la polemica sul “fine-vita”. Noi siamo al mondo e camminiamo, giorno dopo giorno, verso questo traguardo che è una pienezza e non una fine, una nullità!

Tutto però va vissuto e preparato per questo esito finale a cui ci sospinge l’esistenza terrena! Come la vita del Signore fu tesa verso la sua Pasqua così per noi la vita e il suo fine sono il vertice di tutto. Possiamo parlare anche di festa finale, in quanto l’aldilà della vita terrena è la vita eterna, “la vita di Dio” nella sua pienezza! Quel giorno avverrà la grande “invasione” della vita di Dio nella nostra vita terrena, come brevemente ci dicono anche i due testi che precedono il Vangelo di Lazzaro di questa domenica: 

  • In Ezechiele, Dio dice che Egli sarà riconosciuto come il Signore quando aprirà le nostre tombe, ci farà uscire dai sepolcri e ci farà riposare. 
  • E Paolo nel brano della lettera ai Romani dichiara: “Se il Cristo è in voi, il vostro corpo è morto per il peccato, ma lo Spirito è vita per la giustizia”. 

Dunque morte e risurrezione sono abbondantemente presenti nella nostra vita. Ognuno di noi ha esperienze di morte e di risurrezione, quasi ogni giorno e ci mettiamo non solo la morte di una persona cara, ma la morte dell’amore, la morte della speranza … Così pure conosciamo la risurrezione quando rinasce in noi la speranza, un brivido d’amore, la riscoperta di una gioia attesa … Siamo dunque esperti della potenza divina!

La risurrezione di Lazzaro oggi ci annuncia proprio la risurrezione da ogni vicenda di morte. 

Di solito diciamo: si deve morire! Bisogna, invece, imparare a dire che, attraverso la morte, si riceve vita eterna!  Cristo Crocifisso è l’immagine suprema dell’Amore di Dio che vince la morte. C’è una frase popolare e affettuosa che recita: “ti voglio un bene da morire” … Non è banale ma c’è tanto di vero ed anche un quantum di teologia! Un innamorato può dire così alla persona che ama molto, per cui tutto il resto, perfino morire, è ritenuto una vantaggiosa perdita. Proprio così è per chi crede che “in quel giorno” potrà abbracciare finalmente Dio: “ti amo, Signore, da morire”! Cosi, pur messi, davanti alla nuda realtà della morte, se abbiamo la luce dei nuovi occhi del cieco-nato possiamo dare di essa una lettura diversa.

 

Gesù, agli apostoli che gli facevano fretta, dice della grave malattia di Lazzaro: “questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, come in precedenza aveva detto del cieco dalla nascita: non ha peccato né lui né i suoi genitori, ma è così perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,3) 

La malattia porterà Lazzaro alla morte ma non alla morte eterna: “Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Gv 5,24); Lazzaro sarà il segno vivente della verità di queste parole.

 

Di fronte alla morte per consolare chi soffre diciamo tante banalità, sentite cosa invece dice Marta a sua sorella Maria che piangeva la morte di suo fratello: “Il Maestro è qui e ti chiama”! Che splendida iniziativa quella di Marta: arriva perfino a commuovere Gesù, facendolo scoppiare in pianto (v. 35). 

Gesù dice a Marta: “Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio? Il gesto prodigioso di ridare vita al fratello Lazzaro Gesù lo compie per la gente che gli sta attorno, perché credano che il Padre lo ha mandato a tutti noi. La risurrezione di Lazzaro, quindi, perché giovi anche a noi che ne parliamo, va letta con gli occhi umili e nuovi che la fede ci dà, e non come fecero alcune “spie” che andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto (Gv 11,46), innescando così la decisione circa la sua morte (Gv 11,49-52).