Fede e Opere

Ci  sono  parole  che  non  suscitano  immediata  simpatia  in  chi  le  ascolta,  come quelle di oggi, che sembrano adatte a «cristiani che credono a una  Quaresima senza Pasqua», come dice Papa Francesco all’inizio della sua  esortazione Evangelii   Gaudium  (n.  6),  piuttosto  che  ad  un  discepolo  di  Gesù, missionario di gioia. 

Il digiuno, cristianamente vissuto, è solo un mezzo al servizio della gioia e  della crescita della fede, non altro. La Parola di Dio intende risvegliarci dal  torpore della quotidianità, dall’abitudine religiosa e a ricordarci che mentre  per noi mangiare e bere è scontato e normale, per tanti altri nostri simili è  solo un faticoso miraggio. 

Il digiuno, inteso come privazione volontaria di qualcosa, può allenarci ad  essere e a sentire vicini gli altri, in particolare i poveri. 

Immedesimandoci  per  un  po’  nel  disagio  di  chi  non  ha,  più  facilmente  smetteremo di stare con le mani in mano, e di pensare che fare il bene non  è un affare di alcuni “specialisti” della Caritas, ma dovere di tutti i credenti  veri. L’apostolo Giacomo, ci dice: «mostrami la tua fede senza le opere, ed  io con le mie opere ti mostrerò la mia fede» (Gc 2, 18). 

La fede non è  

•  un sentimento,  

•  un “pacchetto” di cose da sapere,  

•  andare solo in chiesa.  

È fede quella che ci fa sentire Cristo sempre vicino e presente negli altri.  Fede e opere, degne di essa, non sono mai separabili; l’una dà origine alle  altre, e le opere alimentano la fede. 

Il nostro  prossimo,  vedendoci  ed  ascoltandoci,  si  rende  conto  che siamo  cristiani? Vede riflessa in noi la luce di Cristo, è portato a lodare Dio per  ciò che ci vede compiere in nome Suo?

Se pensiamo al “prezzo” pagato da Cristo per ogni uomo, saremo spinti da  un  simile  amore  all’imitazione,  e  potremo  amare  a  nostra  volta  così  ed  incoraggiare anche gli altri, con cui ci relazioniamo, a fare altrettanto.  Buona Domenica  don Mario